venerdì 13 aprile 2012

ancora sulla vulnerabilità...

forse oggi ce la faccio a finire di rileggere per l'ultima, giuro, l'ultima volta la traduzione...c'è un punto in cui uno deve mollare se no, a furia di limare, "rischia di buttare via l'acqua con il bambino dentro"...e così, rileggendo, sono ricapitata sul capitolo sulla vulnerabilità e mi è venuta voglia di copiarne qui un altro pezzetto perchè lo trovo proprio bello!
Qui in tempo è grigio e non si sa che voglia fare, ho in programma di svuotare tutti i vasi da fiori e rimescolare la terra vecchia con quella nuova ma, ogni volta che mollo il computer per snebbiare il cervello e riposare gli occhi e...darmi alla terra, si mette a spiovigginare...mah!
Buona lettura!

...Gesù, con grande furbizia, evitò molte trappole preparate per lui e posticipò la sua crocifissione fino a che poté farlo mantenendo la sua integrità. Così anche noi non siamo chiamati ad essere completamente senza difese. D’altro canto chiunque prenda il pensiero di cristiano seriamente e profondamente realizzerà che la crocifissione non è qualche cosa che è accaduta una sola volta circa 1950 anni fa (N.d.T 1980 anni fa) e la stessa persona realizzerà pure che per vivere la vita pienamente deve voler condividere sé stesso con e per gli altri e che non esiste una cosa come la vulnerabilità senza il rischio, il rischio di essere o completamente rigettati o che gli altri approfittino della tua vulnerabilità. Questo rischio esiste sempre.
Di tutte le varianti della vulnerabilità quella più difficile è la rivelazione di qualche: imperfezione, problema, nevrosi, peccato o fallimento che, nella nostra cultura di rozzo individualismo, sono tutte raggruppate sotto il nome di “debolezze.” Questa è una attitudine culturale ridicola perché la realtà è che, sia come individui che come nazioni, siamo tutti deboli. Tutti abbiamo problemi, imperfezioni, nevrosi, peccati e fallimenti e il cercare di nasconderli vuole dire mentire.
La nostra attitudine culturale è particolarmente ridicola per coloro che chiamano sé stessi cristiani. Colui che loro chiamano “il Signore” non solo visse e morì vulnerabilmente ma, secondo il nostro normale modo di misurare le cose, fu pure un fallito. Adoriamo un uomo la cui vita terminò con la sua esecuzione capitale come un qualsiasi piccolo politicante di provincia fatto prigioniero. E morì fra due criminali ordinari, i suoi esecutori gli sputarono addosso, i suoi seguaci lo tradirono e la maggioranza dei suoi amici lo lasciarono solo; per i canoni del mondo un perdente su tutti i fronti. Forse il motto più bello della cristianità è la frase di san Paolo: “Nella mia debolezza è la mia forza.”

Certo il prerequisito più avvincente per essere parte della vera Chiesa è quello che uno deve sapersi riconoscere peccatore. Si potrebbe abbastanza accuratamente definirla una Chiesa di debolucci che adora un Dio la cui debolezza paradossalmente governa il mondo. Ma questa è una strana dottrina per la maggioranza delle persone che sono molto più dedicate ad un mondo di “principati e potestà” (che è il modo di san Paolo per definire un mondo che opera seguendo le regole del demonio.) Come scrisse molto bene G.K. Chesterton: “L’ideale cristiano, si dice, non è stato testato e scoperto manchevole; è stato trovato difficile e lasciato intentato.”
La vulnerabilità, allora, non è solo l’abilità di rischiare di essere feriti ma si rende manifesta il più delle volte rivelando la nostra possibilità di essere feriti, il nostro essere a pezzi, il nostro essere storpi, la nostra debolezza, i nostri fallimenti e le nostre inadeguatezze. Non penso che Gesù camminasse fra i fuori casta e gli storpi del mondo puramente come atto sacrificale, al contrario, ho il sospetto che preferisse la loro compagnia. E’ solo fra gli apertamente imperfetti che possiamo trovare la comunità, e solo fra le nazioni del mondo apertamente imperfette che possiamo trovare la pace. Le nostre imperfezioni sono fra le sole poche cose che tutti noi esseri umani abbiamo in comune.


2 commenti:

nicoletta ha detto...

Molto bello. Le ultime righe sembrano scritte apposta per il prete di Porto Garibaldi...

Angela Seracchioli pellegrina ha detto...

proprio così! Ciaooo