BELLUNO – Zaino in spalla, giubbino da montagna, e pedule: è il ritratto di un prete «in cammino» quello che emerge dalle immagini di don Francesco Cassol, il sacerdote di 55 anni, parroco di Longarone, ucciso la notte scorsa nelle campagne della Murgia, dove accompagnava i partecipanti ad un raid spirituale Goum.
Il cammino era un po' il simbolo umano e spirituale di questo prete di montagna, di schietta formazione scout, che negli anni era diventato una delle colonne della Diocesi di Belluno. Sono molte le foto che lo ritraggono alla guida di gruppi di pellegrini, italiani e stranieri, in percorsi di preghiera nei luoghi desertici del mondo, alla ricerca del proprio essere e del più autentico contatto con la fede.

Immagini come quelle che lo vedono sulla scalinata del tempio del Sacro Cuore di Lamon (Belluno), nell’anno del Giubileo del 2000, quando con una croce di legno grezzo in mano accompagnò un gruppo di fedeli bellunesi nel lungo pellegrinaggio a piedi fino a Roma. D’altronde, chi lo ha conosciuto racconta che il dna dello scout è sempre rimasto dentro questo parroco aperto e impegnato nel sociale.

«Un uomo che sapeva parlare con tutti, con i bambini così come con i vecchi – spiega Marco Perale, consigliere comunale a Belluno, suo amico dai tempi del liceo - Sono sicuro che se Francesco avesse potuto parlare con chi gli ha sparato... si sarebbero capiti, avrebbero trovato un accordo». Per anni don Cassol era stato uno dei più stretti collaboratori del Vescovo di Belluno, direttore dell’ufficio pastorale diocesano. In questo ruolo aveva coordinato il Sinodo diocesano, convocato per rinnovare il rapporto tra la chiesa e la comunità bellunese. Un percorso avviato dal vescovo Vincenzo Savio e, dopo la morte di quest’ultimo, concluso dall’attuale vescovo Giuseppe Andrich.

«Un prete alla mano, ma di grande cultura, con capacità di confronto – afferma l’ex presidente della Provincia di Belluno, Sergio Reolon – Con lui e con il vescovo avevamo lavorato proficuamente sui temi del territorio, delle acque, dell’ambiente, quei temi cioè legati al mantenimento delle popolazioni nei paesi di montagna».

Terminato questo incarico, cinque anni fa, don Francesco era stato nominato parroco di Longarone, una delle più importanti della Diocesi. Prete impegnato, aperto e conciliare, don Francesco metteva entusiasmo in tutto ciò che faceva. Forte l'impegno verso i problemi della società civile, in particolare la crisi del lavoro e le difficoltà delle famiglie. In questi giorni avrebbe dovuto guidare un ritiro spirituale itinerante lungo il 'sentiero delle Dolomitì, un percorso di preghiera che si snoda di rifugio in rifugio. Ma proprio per il contemporaneo impegno nel raid Goum in Puglia era stato sostituito da don Giuseppe Bratti, responsabile dell’ufficio informazione della Diocesi di Belluno. Don Cassol lascia gli anziani genitori, 91 anni il papà, 83 la mamma, e cinque fratelli, due maschi e tre femmine, una delle quali, Maria Teresa, consigliere comunale del Pd a Belluno. In queste ore sono tutti riuniti nella piccola casa di campagna dei genitori, alla periferia di Belluno, dove è arrivato a portare il proprio cordoglio anche il vescovo Giuseppe Andrich.