giovedì 8 novembre 2012

Avevo 14 anni...




e nella cantina del mulino di fronte a casa mia noi ragazzi avevamo creato la nostra tana dove ci facevamo le festicciole o ci rinchiudevamo a leggere ed ascoltare musica. Dipinte le pareti, delle reti da pesca drappeggiate, dei letti trasformati in divani, il giradischi in un angolo, qualche libro. Fu lì, nella penombra, stesa su uno di quei letti con su un altro un caro amico anche lui perso nei suoi sogni, che lessi per la prima volta i versi di Neruda e me ne innamorai. Poi non smisi più, libro dopo libro che collezionavo meticolosamente per poi, a trent’anni, regalarli tutti assieme ad altri libri cari per bisogno di assoluto, di spogliazione, di rinuncia per qualche cosa di confuso e più alto del mio attaccamento. Ora mi dispiace, allora ne avevo bisogno. Ma Neruda ritorna, sta sera più che mai e internet mi regala ciò che non ho più. Mi ridona l’anima di quella creatura fantastica che la quattordicenne amava perché…lui amava come lei, perché non c’è età per l’amore e a quattordici anni sei quello che sarai sempre…


Questa poesia l’amavo particolarmente, così fluida, dolente ma leggera, che si chiude con un verso terribile come una porta che si chiude…la temevo, la rileggevo e rileggevo, tentai persino di mandarla a memoria ma la mia memoria è strana e non trattiene neanche i versi più amati. Quando arrivavo all’ultimo verso mi si fermava il cuore, non lo volevo leggere, sta sera è il mio verso…chissà quale è stato il dopo per Neruda? Se è vero che “questo sia l'ultimo dolore che lei mi causa e questi siano gli ultimi versi che io le scrivo.” Ora lui, Neruda, non c’è più, si è portato via i suoi sentimenti, sono rimasti i suoi versi e, forse, anche la sua lei non c’è più…la vita è così breve…
Chissà se da qualche parte c’è una pentola d’oro che raccoglie i sentimenti perduti, quelli rifiutati, l’amore negato, l’amore dimenticato, l'amore rinnegato, le parole “mai” e “sempre” dette a fior di labbra ma senza intenderle veramente…? Sta sera vorrei mettere un coperchio su quella pentola fatto della sostanza pesante del verso di Neruda, arrotolare a spirale la fibra metallica di quel : “Ultimo dolore che mi causa e questi sono ultimi versi che io gli scrivo.” e poggiarlo sopra la Bellezza luccicante, vorrei mettere questo coperchio per non fare uscire lo scintillio dei sentimenti dimenticati, perché non si sciupino, perché una ragazzina di quattordici anni li ritrovi un giorno e ci creda, ne sia inondata, mentre fa rotolare via il coperchio che nella sua durezza si schianta fra l’erba.

Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Scrivere, per esempio: “La notte è stellata,
e tremano, azzurri, gli astri, in lontananza”.

Il vento della notte gira nel cielo e canta.
Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Io l’ho amata e a volte anche lei mi amava.

In notti come questa io l’ho tenuta tra le braccia.
L’ho baciata tante volte sotto il cielo infinito.
Lei mi ha amato e a volte anch’io l’amavo.

Come non amare i suoi grandi occhi fissi.
Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Pensare che non l’ho più. Sentire che l’ho persa.

Sentire la notte immensa, ancora più immensa senza lei.
E il verso scende sull’anima come la rugiada sul prato.
Poco importa che il mio amore non abbia saputo fermarla.

La notte è stellata e lei non è con me.
Questo è tutto. Lontano, qualcuno canta. Lontano.
La mia anima non si rassegna di averla persa.

Come per avvicinarla, il mio sguardo la cerca.
Il mio cuore la cerca, e lei non è con me.
La stessa notte che sbianca gli stessi alberi.

Noi, quelli d’allora, già non siamo gli stessi.
Io non l’amo più, è vero, ma quanto l’ho amata.
La mia voce cercava il vento per arrivare alle sue orecchie.

D’un altro. Sarà d’un altro. Come prima dei miei baci.
La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti.
Ormai non l’ho più, è vero, ma forse l’amo ancora.

E’ così breve l’amore e così lungo l’oblio.
E siccome in notti come questa l’ho tenuta tra le braccia,
la mia anima non si rassegna d’averla persa.

Benché questo sia l’ultimo dolore che lei mi causa,
e questi gli ultimi versi che io le scrivo.







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