martedì 14 settembre 2010

La Verna, le Stimmate, Francesco....

E' festa alla Verna oggi...le Stimmate....
Francesco molto solo lassù circondato dai soli intimi, i fratelli della prima ora...la Sua gioia nell'incontro con l'Amato e il Suo dolore per l'Amato che soffre...come una mamma che vuole per sè il dolore del figlio...poi gli storici dubiteranno e le speculazioni su questo fatto misterioso si sprecheranno....allora non c'era un Gemelli ad accusarlo di simulazione...Vero, non vero? Di certo Francesco dopo è un altro, pacificato, al di sopra del dolore che gli causa l'essere al "margine" dei suoi, libero di spendere mesi a san Damiano vicino alla Sua luna, libero di scrivere il Cantico...oltre le divisioni del mondo, sofferente nel corpo come non mai ma con l'anima che vola...un dono fatto di piaghe, di un Incontro conclusivo e compiuto di una vita fatta di alti e di bassi ma piena di passione ed entusiasmo che nessuna Regola poteva imbrigliare e raffreddare....e questo resta...è il Francesco che vanno cercando i pellegrini; uomo vero, folle di Dio, libero e gioioso, uomo della trasformazione e del dialogo con tutti e tutto, uomo che costruisce ponti, che non divide...uomo di allora e di oggi più che mai!

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI di Tommaso da Celano

CAPITOLO III

VISIONE DI UN UOMO IN FIGURA DI SERAFINO CROCIFISSO

484 94. Allorché dimorava nel romitorio che dal nome del luogo è chiamato «Verna »,

due anni prima della sua morte, ebbe da Dio una visione. Gli apparve un uomo, in forma

di Serafino, con le ali, librato sopra di lui, con le mani distese ed i piedi uniti, confitto ad

una croce. Due ali si prolungavano sopra il capo, due si dispiegavano per volare e due

coprivano tutto il corpo.

A quell'apparizione il beato servo dell'Altissimo si sentì ripieno di una ammirazione

infinita, ma non riusciva a capirne il significato. Era invaso anche da viva gioia e

sovrabbondante allegrezza per lo sguardo bellissimo e dolce col quale il Serafino lo

guardava, di una bellezza inimmaginabile; ma era contemporaneamente atterrito nel

vederlo confitto in croce nell'acerbo dolore della passione. Si alzò, per così dire, triste e

lieto, poiché gaudio e amarezza si alternavano nel suo spirito. Cercava con ardore di

scoprire il senso della visione, e per questo il suo spirito era tutto agitato.

485 Mentre era in questo stato di preoccupazione e di totale incertezza, ecco: nelle sue

mani e nei piedi cominciarono a comparire gli stessi segni dei chiodi che aveva appena

visto in quel misterioso uomo crocifisso.

95. Le sue mani e i piedi apparvero trafitti nel centro da chiodi, le cui teste erano visibili

nel palmo delle mani e sul dorso dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte

opposta. Quei segni poi erano rotondi dalla parte interna delle mani, e allungati

nell'esterna, e formavano quasi una escrescenza carnosa, come fosse punta di chiodi

ripiegata e ribattuta. Così pure nei piedi erano impressi i segni dei chiodi sporgenti sul

resto della carne. Anche il lato destro era trafitto come da un colpo di lancia, con ampia

cicatrice, e spesso sanguinava, bagnando di quel sacro sangue la tonaca e le mutande.

486 Ben pochi ebbero la fortuna di vedere la sacra ferita del costato del servo del Signore

stimmatizzato mentre egli era in vita. Ma fortunato frate Elia che, ancor vivente il Santo,

meritò di scorgerla almeno, e non meno fortunato frate Rufino che la poté toccare con le

proprie mani. Mentre una volta gli praticava una frizione sul petto, la mano gli scivolò,

come spesso capita, sul lato destro e così toccò quella preziosa cicatrice. Francesco ne sentì

grande dolore e allontanò la mano, gridando che Dio lo perdonasse. Infatti con ogni cura

teneva nascosto il prodigio agli estranei, ma anche agli amici e ai confratelli, tanto che non

ne seppero nulla per lungo tempo perfino i suoi seguaci più intimi e devoti. Questo

fedelissimo discepolo del Signore, pur vedendosi ornato con tali meravigliosi segni, quasi

perle preziosissime del Cielo e coperto di gloria e onore più d'ogni altro uomo, non se ne

gonfiò mai in cuor suo, né mai cercò di vantarsene con alcuno per desiderio di gloria vana,

al contrario, temendo sempre che la stima degli uomini gli potesse rubare la grazia divina,

si industriava il più possibile di tenerla celata agli occhi di tutti.

487 96. Si era fatto Un programma di non manifestare quasi a nessuno il suo

straordinario segreto, nel timore che gli amici, non resistessero alla tentazione di

divulgarlo per amicizia, come suole accadere, e gliene venisse una diminuzione di grazia.

Aveva pertanto continuamente sulle labbra il detto del salmista: Nel mio cuore ho riposto

tutte le tue parole, per non peccare dinanzi a Te (Sal 118,11). Si era addirittura accordato con i

suoi fratelli e figli di ripetere questo versetto come segno che intendeva troncare la

conversazione coi borghesi che venivano da lui; a quel segnale essi dovevano

cortesemente licenziare i visitatori. Aveva sperimentato quanto è nocivo all'anima

comunicare tutto a tutti, e sapeva che non può essere uomo spirituale colui che non

possiede nel suo spirito segreti più numerosi e profondi di quelli che potevano essere letti

sul viso e giudicati in ogni loro parte dagli uomini. Si era infatti imbattuto in persone che

esteriormente mostravano d'essere d'accordo con lui, mentre la pensavano diversamente:

in sua presenza lo apprezzavano, in sua assenza lo disprezzavano; e questi lo indussero a

un giudizio di disapprovazione verso di loro, e qualche volta gli resero un poco sospette

anche persone che venivano a lui con sentimenti retti.

Così purtroppo spesso avviene che la malignità cerca di screditare tutto ciò che è

puro, e poiché la menzogna è vizio di molti, si finisce per non credere più alla sincerità dei

pochi.



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