«Dobbiamo credere che se il bene avanza la mafia arretra. Dobbiamo vivere i valori del bello. Dobbiamo seminare parole capaci di estirpare l'omertà, la menzogna e la paura, per far attecchire un modo diverso di guardare le cose, anche per chi è cresciuto nella cultura mafiosa senza conoscerne un'altra. Descrivere, come fanno molti recenti film e libri, la negatività della mafia, i rituali perversi, i giochi di potere, la violenza e la spietatezza è solo il punto di partenza per fronteggiarla. Occorre fare un passo ulteriore. Quel passo è credere nella forza del bene e seminarlo».
E quello che segue credo che valga per tutte le situazioni specialmente per la rassegnazione dilagante che si respira nell'aria ovunque...
«Quando vado nelle scuole, chiedo ai ragazzi qual è la parolaccia più grave che conoscono; mi guardano perplessi. Rimangono ancora più stupiti quando scrivo sulla lavagna ormai e chiedo: “Cosa possiamo scrivere al posto di ormai?” E’ una parola talmente radicata che anche quando la cancelli rimane sotto il segno… Ormai non c’è più nulla da fare. Ormai è troppo tardi per cambiare. Ma io ci scrivo sopra – con decisione – la parola ancora. Compito della Chiesa è cancellare ormai e tracciare ancora. Possiamo ancora tornare a sorridere. Dobbiamo ancora fare un tentativo per cambiare la realtà. Il resto è compito della magistratura, della politica e dell’economia. Il compito della Chiesa nella società civile è questo: far passare la mentalità che il destino non è ineluttabile, che c’è una “speranza attiva” in grado di mettere in moto processi di cambiamento positivo».
L'unico problema per me legato a queste letture notturne è che poi, quando il sonno ritorna, è leggero e pieno di sogni dove l'alluvione si mescola alla mafia e a tutto ciò che c'è nel mio inconscio per cui mi sveglio la mattina con una confusione immane in testa, come se il mio cervello avesse un telecomando impazzito che va da un canale all'altro...
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