sabato 2 giugno 2012

la "mia" Res Publica d'origine

quando ero alle elementari le avevo tutte queste cartine delle regioni d'Italia e mi piacevano un mondo (è bolognese dire così?) ci sognavo sopra e se ho appreso allora qualche cosa degli usi e costumi delle nostre regioni lo devo a loro. Allora, mi ricordo, che ero particolarmente affezionata a quella del Trentino perchè c'erano le mie amate Dolomiti e a quella degli Abruzzi e Molise (erano insieme allora) e, chissà perchè mi piaceva tanto...l'ho capito solo ora che ho scritto "Con le ali ai piedi" questa regione divisa in due, come la mia, era nel mio destino! Ma, ovviamente, ero orgogliosa della "mia cartina" con le "mie" due torri che troneggiavano in mezzo e con quel colore rosa che, chissà perchè, in tutte le carte d'Italia era il colore di questa regione (rosa mortadella?!?) Comunque io ero una bolognese che viveva in Romagna...con una certa puzza sotto il naso della famiglia tutta che si sentiva in esilio a vivere "in quel paesotto industriale di Ravenna" dove solo i magnifici mosaici parlavano di glorie imperiali di un passato troppo lontano per incidere sulla mentalità del luogo. "La Sicilia del nord" la chiamavamo in casa, come mentalità chiusa...(quando mia mamma rimase vedevo a 39 anni (1959) la si guardava male perchè non si vestiva tutta di nero con il fazzoletto in testa...lei che mai aveva messo un fazzoletto a coprire i capelli...tutt'al più un capellino come si usava nella "capitale Bologna") mentalità da paese del sud almeno allora, ora non so, distante solo 75 km. da Bologna su quel "ramo secco" della ferrovia, allora non c'era nemmeno l'autostrada, e se perdevi l'ultimo treno della sera, non potevi tornarci...e, quando ci tornavi, nonostante tutta la tua vita fosse lì, eri preso da una malinconia fonda...perchè eri distante anni luce dalla vitalità e apertura della nostra capitale regionale, la mia città. Ritornando alla cartina però, questa regione lunga con una forma quasi animale, una specie di insettone rosa con le corna, mi piaceva tantissimo nella sua totalità (pur precisando sempre che gli emiliani sono una cosa, i romagnoli un'altra e che pure i nostri dialetti sono diversissimi, cosa che i "fuori regione" non capiscono affatto e che la Rimini di Fellini in "Amarcord" risente anche nel dialetto del suo essere sulla via Emilia...e non è fra le paludi dantesche! Dove "sa di sale lo pane altrui" e la campana della sua tomba suona tristemente al tramonto e "ai naviganti intenerisce il core") mi piaceva e mi piace anche perchè appena se ne usciva e si diceva e si dice: "Sono di Bologna" (l'accento mio è inconfondibile nonostante il mio girovagare per l'Italia) tutti sorridevano e sorridono perchè i bolognesi, gli emiliani-romagnoli hanno la fama meritata di essere: simpatici, lavoratori ma non fanatici del lavoro perchè anche goderecci, dediti al Bene Comune, fondatori di cooperative in tempi immemorabili, socialisti, partigiani, politicamente impegnati, luogo dove i servizi sociali vanno a meraviglia,( o almeno meglio che in altre regioni) dove la terribile bomba alla stazione di Bologna fu gestita da tutti cittadini in modo superbo... e tutte le belle cose che si dicono di noi...
Così, oggi, mi è appena arrivato da Francesco bolognese-romagnolo questa lettera al Terremoto che vi giro come lui l'ha girata a me. E' bella e molto vera FORZA EMILIA ne hai già viste di tutti i colori e ce l'hai sempre fatta...noi umani siamo tutti formichine che si muovono sulla pelle di una cosina viva in mezzo ad un Universo immenso...siamo tutti nulla, ma, da formichine, dobbiamo salvare la nostra casa CE LA FARAI !!

Gentile Sig. Terremoto,
c'è una cosa che non hai capito della mia terra, ora te la racconto: per chiamarci non basta una parola sola, Emilia Romagna, Emiliano Romagnoli, ce ne vogliono almeno due; e anche un trattino per unirle, e poi non bastano neanche quelle. Perchè siamo tante cose, tutte insieme e tutte diverse, un inverno continentale, con un freddo che ti ghiaccia il respiro, e un'estate..tropicale che ti scioglie la testa, e a volte tutto insieme come diceva Pierpaolo Pasolini, capaci di avere un inverno con il sole e la neve, pianure che si perdono piatte all’orizzonte, e montagne fra le più alte d’Italia, la terra e l’acqua che si fondono alle foci dei fiumi in un paesaggio che sembra di essere alla fine del mondo. Città d’arte e distretti industriali, le spiagge delle riviere che pulsano sia di giorno che di notte, e spesso soltanto una strada o una ferrovia a separare tutto questo; e noi le viviamo tutte queste cose, nello stesso momento, perchè siamo gente che lavora a Bologna, dorme a Modena e va a ballare a Rimini come diceva Pier Vittorio Tondelli, e tutto ci sembra comunque la stessa città che si chiama Emilia Romagna. Siamo tante cose, tutte diverse e tutte insieme, per esempio siamo una regione nel cuore dell’Italia, quasi al centro dell’Italia, eppure siamo una regione di frontiera, siamo anche noi un trattino, una cerniera fra il nord e il sud, e se dal nord al sud vuoi andare e viceversa devi passare per forza da qui, dall’Emilia Romagna, e come tutti i posti di frontiera, qualcosa dà ma qualcosa prende a chi passa, e soprattutto a chi resta, ad esempio a chi è venuto qui per studiare a lavorare oppure a divertirsi e poi ha deciso di rimanerci tutta la vita. In questa terra che non è soltanto un luogo, un posto fisico dove stare, ma è soprattutto un modo di fare e vedere le cose. Perchè ad esempio qui la terra prende forma e diventa vasi e piastrelle di ceramica, la campagna diventa prodotto, e anche la notte e il mare diventano divertimento, diventano industria, qui si va, veloci come le strade che attraversano la regione, così dritte che sembrano tirate con il righello. E si fa per avere certo, anche per essere, ma si fa soprattutto per stare, per stare meglio, gli asili, le biblioteche, gli ospedali, le macchine e le moto più belle del mondo. In nessun altro posto al mondo la gente parla così tanto a tavola di quello che mangia, lo racconta, ci litiga, l’aceto balsamico, il ripieno dei torellini, la cottura dei gnocchini fritti e della piadina e mica solo questo, sono più di 4000 le ricette depositate in Emilia Romagna; ecco la gente lo studia quello che mangia, perchè ogni cosa, anche la più terrena, anche il cibo, anche il maiale diventa filosofia, ma non resta lassù per aria, poi la si mangia. Se in tutti i posti del mondo i cervelli si incontrano e dialogano nei salotti, da noi invece lo si fa in cucina, perchè siamo gente che parla, che discute, che litiga, gente che a stare zitta proprio non ci sa stare, allora ci mettiamo insieme per farci sentire, fondiamo associazioni, comitati, cooperative, consorzi, movimenti, per fare le cose insieme, spesso come un motore che batte a quattro tempi, con una testa che sogna cose fantastiche, però con le mani che davvero ci arrivano a fare quelle cose lì, e quello che resta da fare va bene, diventa un altro sogno. A volte ci riusciamo, a volte no, perchè tante cose spesso vogliono dire tante contraddizioni. Che spesso non si fondono per niente, al contrario non ci stanno proprio, però convivono sempre. Tante cose tutte diverse, tutte insieme, perchè questa è una regione che per raccontarla un nome solo non basta. Ora ti ho raccontato quello che siamo, non credere di farmi o farci paura con due giri di mazurca facendo ballare la nostra terra, io questa terra la amo e come mi ha detto una persona di Mirandola poche ore fa..questa è la mia casa e io non l’abbandonerò mai."
Marco Barbieri, San Giovanni in Persiceto


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