domenica 29 luglio 2012
Fare lo zaino....
e per parcondicio questo che trascrivo qui è da "Walden Viaggi a piedi" newsletter...condivido anche questo mentre mi sto prendendo cura del mio adorato zaino che non sarà di ultima generazione ma che...si offenderebbe moltissimo se lo lasciassi a casa! E' dal 1990 che viaggia con me, ottimo zaino che costò una barca di soldi allora, è un Karrimor donna (allora solo la Karrimor e la Berghaus faceva zaini con la schiena corta per noi donne) e fu rinascere per me che fino ad allora avevo sempre usato zaini troppo lunghi per la mia corta schiena! Oggi gli re-incollo le patacchine, rinforzo la corda della conchiglia, attacco un nuovo Tau...insomma lo metto in forma! Buona lettura
L’arte di preparare lo zaino
Quando ci si accinge ad un lungo viaggio a piedi i sentimenti vissuti sono essenzialmente due: l’emozione nell’attesa della partenza e la curiosità per quanto il viaggio ci offrirà.
La preparazione dello zaino e la scelta dei materiali sono di aiuto durante l’attesa anche se ne amplificano l’aspettativa e l’unico consiglio è quello di tenersi leggeri. Molti materiali e oggetti, che sembrano a casa indispensabili, diventano poi peso inutile e spazio occupato durante il viaggio. Se esiste la possibilità del trasposto bagagli lo zaino diventa leggero e il resto viaggia a parte in una comoda valigia o borsa, ma portare tutto con sé secondo me aiuta l’organizzazione mentale individuale, crea disciplina fisica ed interiore (lo Zen e l’arte della preparazione dello Zaino, verrebbe da dire, parafrasando Robert Pirsing); un qualcosa che rende attenti e fa percepire il viaggio con spirito diverso, credo più partecipe.
L’elemento più importante da portare nel viaggio è sé stessi.
Lasciamo a casa quanto ci circonda ogni giorno e troveremo dentro di noi la migliore fotocamera digitale per fermare i ricordi. Durante molti incontri con circoli e associazioni ho avuto occasione di parlare del senso di libertà che si prova e si vive durante il cammino, nell’eseguire un viaggio lento con i propri mezzi naturali, senza mediazione di artifici meccanici, fatto salvo eventuali bastoncini o il classico bastone di legno di montanara tradizione.
Non stiamo qui a discutere dei materiali moderni e dei loro vantaggi rispetto a quelli più classici o addirittura a quelli, quasi inesistenti, dei nostri progenitori; sono tutte modificazioni dettate dalle diverse epoche e dalle diverse tecnologie a disposizione. Quello che non muta è il senso del viaggio, sia come percezione dell’evento, sia come motivazione del medesimo; sia come stimolo che ce lo fa compiere, sia come tutto ciò che ne ricaviamo giorno dopo giorno, passo dopo passo.
Il “materiale” che non cambia nel tempo è l’animo umano, la voglia di scoprire e andare oltre. Guadagnarsi una meta da soli, con la pazienza di sopportare fatica, maltempo o troppo sole e anche talvolta la noia di ore monotone, di passi continui uno dietro l’altro.
Ogni visione che il viaggio ci propone sarà nuova anche se già vista, solo perché fa parte non più di una singola situazione ma di un articolato percorso di più giorni dove la sponda di un fiume si unisce ad un sentiero collinare, dove un campo di grano o un uliveto si uniscono ad un crinale soleggiato o battuto dal vento.
Ogni singola emozione al proprio posto, come ogni panorama oppure le visuali ristrette. Tutto a comporre un film unico e ineguagliabile: il proprio.
Ogni ricordo con il suo valore di scoperta, di condivisione con gli amici, di semplice conquista con fatica oppure nella semplicità del cammino. Tutto a fare “bagaglio”, quel bagaglio così leggero ma altrettanto pesante che è la nostra esperienza personale, la nostra vita.
Viaggiando osservo quello che ho attorno e quasi sempre fantastico su cosa poteva essere e su cosa potrebbe divenire; mi muovo affascinato profondamente da una motivazione o da qualcosa di impalpabile, con sogni e fantasie che non mancano mai durante le tappe sotto il sole o sotto la pioggia, quando questa è compagna di viaggio.
Giorni e Vento propizi a Voi!
Marco Parlanti, sognatore in cammino
Singing in the rain?
A proposito di pioggia: mantella od ombrello?
Ne parlavo non molto tempo fa con un amico, l’attore Giovanni Balzaretti che ama fare anche l’hospitalero sul Camino de Santiago. Lui mi raccontava che ogni volta che va sul Camino compera un grande ombrello da pastore, lo porta con sé e se piove lo incastra fra lo zaino e la schiena; quando si ferma per un paio di settimane a fare il volontario, regala l’ombrello a qualche pellegrino di passaggio, visto che a lui non serve più.
Senza andare sui grandi ombrelli da pastore, si può infilare nello zaino anche un piccolo ombrello a scatto. Gli zaini hanno ormai quasi tutti la cinghia pettorale e se ci fate caso in genere c’è sulla destra una parte doppia ed elastica. Passando il manico (quelli ricurvi) sotto la cinghia ed infilando la parte curva nel pezzo doppio, potrete tenere fermo l’ombrello senza reggerlo con la mano, naturalmente se piove e basta, senza vento. Ciò consente di fare qualche foto e sentirsi liberi rispetto alla mantella che copre tutto ma, in caso di pioggia forte, vi lascia la testa in balia della bufera con il risultato di belle lavate di capo, senza contare che se piove molto i piedi non li salva nessuno… né mantella né ombrello, grande o piccolo. A meno che non siate in mezzo al nulla, in caso di diluvio fermatevi e mettetevi sotto qualcosa che vi ripari e aspettate.
Ma avete mai fatto caso quanto è bella la pioggia scrosciante se osservata da sotto un riparo improvvisato che vi fa sentire protetti? No? Segnatevelo fra le cose da fare; un po’ di follia fa sempre bene, meglio che una sbronza. E follia per follia, in ogni caso una bella camminata sotto l’acqua è sempre un’esperienza; ricordatevi soltanto di proteggere lo zaino perché quello che vi serve e lì dentro…
Giorni e Vento propizi a Voi!
Marco Parlanti
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