sabato 31 maggio 2014

Francesco...o della irreprensibilità

"....Francesco ti si appiccica addosso..."...e non potrei essere più d'accordo con la Cavani, ma con lei, anche se non ci siamo mai conosciute, ho un "rapporto" fin dall'adolescenza...dal primo suo Francesco e il suo Milarepa, due grandi della Terra che hanno segnato, e per merito grande della Cavani che me li ha fatti conoscere in una luce particolare, tutta la mia vita profondamente, indirizzandola non nella direzione del vantaggio personale, anzi, "condannandola" al non compromesso prima di tutto con me stessa e poi con il mondo.
E allora oggi penso a Francesco, alla sua irreprensibilità, al suo aver fatto sbagli umani, ma al suo essere irreprensibile, non comprabile, diretto, uno che rischia tutto ogni momento della sua vita, uno che molla tutti, disperato, quando gli vorrebbero fare "abdicare il sogno"...e fugge a La Verna, li molla tutti e va lassù ad urlare disperato e solo ( e quanto è bravo Mickey Rourke a rendere quell'urlo!)
QUELLO è in Francesco che capisco di più e che più amo...poi c'è l'incontro grande con Dio e, da lì in poi, Francesco è già andato oltre...non consideratemi blasfema...oppure fatelo, onestamente chi se ne frega, ma da lì in poi, Francesco, che è oltre, se ne frega di tutto il "si deve fare, si deve dire il mondo vorrebbe..." è al di sopra di tutto, o meglio E' OLTRE: di quello che può pensare la gente standosene mesi nel giardinetto di Chiara a San Damiano; scrivendo il Cantico in cui i versi cruciali sono gli ultimi...non tanto sole luna e quant'altro; dando ai suoi il Testamento che è la più bella sintetica autobiografia mai scritta eccolo qua:

FONTI FRANCESCANE
TESTAMENTO DI SAN FRANCESCO (1226)
 Il Signore dette a me, frate Francesco, d'incominciare a fare penitenza cosi: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d'animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.
E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo.
Poi il Signore mi dette e mi da una cosi grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà.
E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come i miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient'altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue che essi ricevono ad essi soli amministrano agli altri.
E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi.
E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di lui in luoghi indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso.
E dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le santissime parole divine, cosi come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita.
E dopo che il Signore mi diede dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelo che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò.
E quelli che venivano per abbracciare questa vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere, ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e fuori, del cingolo e delle brache. E non volevano avere di più.
Noi chierici dicevano l'ufficio, conforme agli altri chierici; i laici dicevano i Pater noster; e assai volentieri ci fermavamo nelle chiese. Ed eravamo illetterati e sottomessi a tutti.
Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all'onesta. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l'esempio e tener lontano l'ozio.
Quando poi non ci fosse data la ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore, chiedendo l'elemosina di porta in porta.
Il Signore mi rivelo che dicessimo questo saluto:"Il Signore ti dia la pace! ".
Si guardino bene i frati di non accettare assolutamente chiese, povere abitazioni e quanto altro viene costruito per loro, se non fossero come si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella Regola, sempre ospitandovi come forestieri e pellegrini.
Comando fermamente per obbedienza a tutti i frati che, dovunque si trovino, non osino chiedere lettera alcuna (di privilegio) nella curia romana, ne personalmente ne per interposta persona, ne per una chiesa ne per altro luogo, ne per motivo della predicazione, ne per la persecuzioni dei loro corpi; ma, dovunque non saranno accolti, fuggano in altra terra a fare penitenza con la benedizione di Dio.
E fermamente voglio obbedire al ministro generale di questa fraternità e a quel guardiano che gli piacerà di assegnarmi. E cosi voglio essere prigioniero nelle sue mani, che io non possa andare o fare oltre l'obbedienza e la sua volontà, perché egli e mio signore.
E sebbene sia semplice e infermo, tuttavia voglio sempre avere un chierico, che mi reciti l'ufficio, così come e prescritto nella Regola.
E non dicano i frati: Questa e un'altra Regola, perché questa e un ricordo, un'ammonizione, un'esortazione e il mio testamento, che io, frate Francesco piccolino, faccio a voi, miei fratelli benedetti, perché osserviamo più cattolicamente la Regola che abbiamo promesso al Signore.
E il ministro generale e tutti gli altri ministri custodi siano tenuti, per obbedienza, a non aggiungere e a non togliere niente da queste parole.
E sempre tengano con se questo scritto assieme alla Regola. E in tutti i capitoli che fanno, quando leggono la Regola, leggano anche queste parole.
E a tutti i miei frati, chierici e laici, comando fermamente, per obbedienza, che non inseriscano spiegazioni nella Regola e in queste parole dicendo: "Cosi si devono intendere" ma, come il Signore mi ha dato di dire e di scrivere con semplicità e purezza la Regola e queste parole, così cercate di comprenderle con semplicità e senza commento e di osservarle con sante opere sino alla fine.
E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell'altissimo Padre, e in terra sia ricolmato della benedizione del suo Figlio diletto col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i Santi. Ed io frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che io posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione. (Amen).

e poi come ci racconta Celano nella vita seconda
IL TRANSITO DEL PADRE SANTO

CAPITOLO 162
ESORTAZIONE E BENEDIZIONE DEI FRATI PRIMA DI MORIRE
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214. Alla morte dell’uomo – dice il saggio – sono svelate tutte le sue opere. È appunto ciò che
vediamo gloriosamente compiuto nel Santo. Percorrendo con animo pronto la via dei comandamenti di
Dio, giunse attraverso i gradi di tutte le virtù alla più alta vetta, e rifinito a regola d’arte, come un
oggetto in metallo duttile, sotto il martello di molteplici tribolazioni, raggiunse il limite ultimo di ogni
perfezione.
Fu allora soprattutto che brillarono maggiormente le sue mirabili azioni, e rifulse chiaramente
alla luce della verità che tutta la sua vita era stata divina, quando, dopo aver calpestato le attrattive di
questa vita mortale, se ne volò libero al cielo. Infatti, dimostrò di stimare una infamia vivere, secondo
il mondo, amò i suoi sino alla fine, accolse la morte cantando.
Quando sentì vicini gli ultimi giorni, nei quali alla luce effimera sarebbe succeduta la luce
eterna, mostrò con l’esempio delle sue virtù che non aveva niente in comune con il mondo. Sfinito da
quella malattia così grave, che mise termine ad ogni sua sofferenza, si fece deporre nudo sulla terra
nuda, per essere preparato in quell’ora estrema, in cui il nemico avrebbe potuto ancora sfogare la sua
ira, a lottare nudo con un avversario nudo.
In realtà aspettava intrepido il trionfo e con le mani unite stringeva la corona di giustizia. Posto
così in terra, e spogliato della veste di sacco, alzò, come sempre, il volto al cielo e, tutto fisso con lo
sguardo a quella gloria, coprì con la mano sinistra la ferita del lato destro, perché non si vedesse. Poi
disse ai frati: “IO HO FATTO IL MIO DOVERE; QUANTO SPETTA A VOI; VE LO INSEGNI CRISTO"....

PAROLE SANTE!!!

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