Oggi tira un inquietante caldo vento di scirocco, lo stesso che spazza, io credo, la mente di tanti. Tempi difficili i nostri, di nessuna certezza nemmeno nell'autunno. Penso al mio paesello dolomitico, alla sua chiesetta piena di gente oggi, alla festa vissuta a volte sotto la prima neve, a gli ultimi larici gialli che, forse, in un autunno così caldo, hanno ancora tutti i loro aghetti dorati. San Martino, un santo dei pellegrini, dei viandanti, della strada.
A tutti noi umani piacerebbero le certezze, così spesso ci illudiamo che esistano, vorremo "frecce gialle" dappertutto, vorremo essere sicuri della via, è consolante la freccia che te la indica, ma poi non è così...le frecce a volte sono molto sbiadite eppure dobbiamo continuare a camminare, con fede, inventandoci il cammino, testardi e cocciuti nella nebbia. Non ci si può fermare, tutto scorre, forse ci può essere una sosta ad aggiustare le vesciche, le ferite, a mettere qualche cerotto, quel filo nella vescica che non la cura ma che permette che le sue lacrime escano, non la facciano scoppiare e poi dolorosamente esporre la carne viva. Ripartiamo zoppicando, ogni passo causa dolore, ma sentiamo che quel filo da nulla è nostro amico, le lacrime non stagnano e lei, abbiamo fede, si seccherà. Facile parabola pellegrina?! Forse, ma se essere pellegrini sui sentieri non ti insegna ad esserlo nella vita a che serve la fatica sui sentieri? Forse sta tutta qui la differenza fra un trekker e un pellegrino, il pellegrino trasforma la strada nella vita, vede la vita come strada e, lungo di essa, c'è Martino che taglia il mantello e ci copre, c'è il Francesco di Giotto che dà il suo al povero tutto intero, non trattenendo nulla per se. Per fede si va avanti, o forse perchè non c'è altra soluzione, fermarsi non accorcerebbe di un metro la strada, non avicinerebbe la meta...poi qualche cosa accade e sempre sulle tappe più dure, un'energia che non supponevamo ci riempie, la vescica è sempre lì ma questa nuova energia rende il dolore molto più sopportabile. E' cambiato il vento, dentro di noi non fuori. Il passo si fa più sicuro, lo zaino pare perfino più leggero, nulla è cambiato eppure tutto pare più facile.
Mentre scrivo si è messo a piovere e tuona...
Anche sul sentiero dei miei pensieri piove...tiriamo su il cappuccio, velocemente copriamo lo zaino con il copri zaino, siamo felici. Piove, le mani bagnate stringono le bacchette, ad occhi chiusi tiriamo su il viso verso il cielo, è bella la pioggia, lava via tutto! La vescica in sordina manda ancora qualche stilettata, non le faciamo caso, piove e noi siamo felici, di che? Mah, non importa, felici e basta..."oggettivamente" nulla è cambiato, anzi, "oggettivamente" la pioggia è venuta a peggiorare la situazione...eppure siamo felici. Ciò che conta sta all'asciutto sotto il copri zaino, l'essenziale è all'asciutto. Noi continuiamo ad andare, non so se apparirà una sfolgorante e appena dipinta freccia gialla, ma l'andare ci permette di poterla incontrare...più in là, nella nebbia o oltre, noi abbiamo fede che accadrà, forse non ci crediamo ma abbiamo fede...continuate voi la storia, la vostra, io continuo a camminare...nella nebbia, senza certezza, per fede, non posso altro.
11 Novembre: San Martino di Tours
Quattromila chiese dedicate a lui in Francia, e il suo nome dato a migliaia di paesi e villaggi; come anche in Italia, in altre parti d’Europa e nelle Americhe: Martino il supernazionale. Nasce in Pannonia (che si chiamerà poi Ungheria) da famiglia pagana, e viene istruito sulla dottrina cristiana quando è ancora ragazzo, senza però il battesimo. Figlio di un ufficiale dell’esercito romano, si arruola a sua volta, giovanissimo, nella cavalleria imperiale, prestando poi servizio in Gallia. E’ in quest’epoca che può collocarsi l’episodio famosissimo di Martino a cavallo, che con la spada taglia in due il suo mantello militare, per difendere un mendicante dal freddo.
Lasciato l’esercito nel 356, raggiunge a Poitiers il dotto e combattivo vescovo Ilario: si sono conosciuti alcuni anni prima. Martino ha già ricevuto il battesimo (probabilmente ad Amiens) e Ilario lo ordina esorcista: un passo sulla via del sacerdozio. Per la sua posizione di prima fila nella lotta all’arianesimo, che aveva il sostegno della Corte, il vescovo Ilario viene esiliato in Frigia (Asia Minore); e quanto a Martino si fatica a seguirne la mobilità e l’attivismo, anche perché non tutte le notizie sono ben certe.
Fa probabilmente un viaggio in Pannonia, e verso il 356 passa anche per Milano. Più tardi lo troviamo in solitudine alla Gallinaria, un isolotto roccioso davanti ad Albenga, già rifugio di cristiani al tempo delle persecuzioni. Di qui Martino torna poi in Gallia, dove riceve il sacerdozio dal vescovo Ilario, rimpatriato nel 360 dal suo esilio. Un anno dopo fonda a Ligugé (a dodici chilometri da Poitiers) una comunità di asceti, che è considerata il primo monastero databile in Europa.
Nel 371 viene eletto vescovo di Tours. Per qualche tempo, tuttavia, risiede nell’altro monastero da lui fondato a quattro chilometri dalla città, e chiamato Marmoutier. Di qui intraprende la sua missione, ultraventennale azione per cristianizzare le campagne: per esse Cristo è ancora "il Dio che si adora nelle città". Non ha la cultura di Ilario, e un po’ rimane il soldato sbrigativo che era, come quando abbatte edifici e simboli dei culti pagani, ispirando più risentimenti che adesioni. Ma l’evangelizzazione riesce perché l’impetuoso vescovo si fa protettore dei poveri contro lo spietato fisco romano, promuove la giustizia tra deboli e potenti. Con lui le plebi rurali rialzano la testa. Sapere che c’è lui fa coraggio. Questo spiega l’enorme popolarità in vita e la crescente venerazione successiva.
Quando muore a Candes, verso la mezzanotte di una domenica, si disputano il corpo gli abitanti di Poitiers e quelli di Tours. Questi ultimi, di notte, lo portano poi nella loro città per via d’acqua, lungo i fiumi Vienne e Loire. La sua festa si celebrerà nell’anniversario della sepoltura, e la cittadina di Candes si chiamerà Candes-Saint-Martin.
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