Il primo incontro con Doris Lessing sarà per me per sempre legato ad una cucina accogliente di Cambridge. Stavo preparandomi per lo scoglio temuto del "Proficiency" l'esamone che poteva decretare o no se la mia conoscenza dell'inglese era solo superficiale o meno. Quel giorno scesi in cucina e lì c'era uno strano tipo in giacca da stradino, blu con le spalle ricoperte di toppe di plastica, stava bevendo il the con la coppia di professori, il mio e sua moglie, i cari amici che mi affittavano la camera e che erano la mia famiglia in quei lontani giorni anni '70. Amavo molto quella famiglia di intellettuali scanzonati e impegnati, amavo molto il loro bambino di 10 anni Simon che mi dava, con scarso successo, lezioni di scacchi e che battei solo una volta e, credo, per una sua distrazione, con grande suo disappunto. Amavo Ruth, la figlia flessuosa e pre adolescente che ora sarà una bellissima donna e che allora nella posizione del loto riusciva a scendere le scale "camminando" sulle ginocchia. Amavo le conversazioni sempre interessantissime, il loro impegno politico, il femminismo combattivo e dolce di Ann, il suo garbatamente prenderla in giro di David...amavo gli incontri mai banali che si facevano in quella casa . Così, quel giorno, lo "stradino" si rivelò essere un professore molto quotato di letteratura contemporanea inglese della prestigiosa università. Ah quanto mi piace quel non puntare sulle apparenze degli inglesi! Lui si vesiva così, dimesso e anonimo, ma quando apriva la bocca...beh usciva un sapere non ostentato ma decisamente profondo! E l'università lo accettava così, ben conscia del suo valore...David mi disse: "Chiedi a lui cosa dovresti leggere..." E lui tirò fuori un foglietto e mi scrisse una lista interminabile di autori per me ancora sconosciuti e, mentre scriveva, mi diceva: "Questo ti piacerà, questo è duro ma va letto, questo scrive da Dio, questo è difficile ma..." Fra tutti loro Doris Lessing di cui non sapevo nulla e di cui mi innamorai dopo poco. Libri duri i suoi su un'Africa dura, libri dolorosi e pieni del suo sconfinato amore, della sua capacità di amare, il cui profumo ho ritrovato nel suo discorso di accettazione del Nobel nel 2007 nell'ottimo libro di Terre di Mezzo "I Nobel si raccontano".
Così il suo nome è ritornato alla mente e, l'altro giorno a Roma, girellando affannata per il caldo e i pensieri tristi fra i libri del bookshop di stazione Termini, non so nemmeno come gli occhi mi siano caduti su questo libricino suo e l'ho raccolto...come si raccoglie distrattamente una conchiglia sulla riva del mare, una conchiglia fra tante che brilla solo un pò di più.
Mi conosco, le riviste mi annoiano, dopo un poco divento impaziente, anche le più interessanti non mi danno la voglia di immergermi in esse che mi da un libro e i pensieri erano troppo tristi per un viaggio Roma-Assisi senza lettura...come si legge bene in treno! Insomma, eravamo ancora alla periferia della stazione di Roma, che già io ero volata in Africa insime a Doris per poi ritrovarmi in una stradetta di Londra così facile da immaginare se ci si è vissuti. Il filo conduttore i gatti, i tanti gatti di Doris, che si mescolavano all'imagine dei miei che hanno punteggiato la mia vita così come la sua. E il genio della grande scrittrice sbuccava fuori in questo suo osservare e studiare le "regali bestiole" con le loro psicologie diverse, il loro vissuto, la loro intelligenza...proprio verso la fine del libro lei dice parlando di Rufus un gatto di strada accolto in casa con tutte le sue malattie il suo doloroso vissuto: "Prima di allora avevo capito soltanto che i gatti avevano diversi tipi di temperamento. Quella di Rufus è l'intelligenza del sopravvissuto..." E, in filigrana, questo suo osservare, interagire e descrivere i gatti fa scorrere la sua vita, i suoi luoghi, un tempo e una storia degli umani in quei luoghi...Grande letteratura che mi rimanda all' "orrendo 50 sfumature" dove, non solo si inneggia al sadismo ma lo si fa scrivendo male, molto male, avvelenando l'anima e il corpo e deprivando la mente della bellezza anche della vera, creativa, e sapiente scrittura.
Libro di certo per chi ama i gatti ma non solo per noi, libro di alta psicologia soffuso dalla dolcezza e umanità dei gesti da nulla, delle finestre sul retro di case da nulla, in cortili da nulla dove l'improvvisa fioritura di un lilà proprompe vitale come gli immensi alberi di un'Africa lontana...
Scusatemi se vi deprivo del piacere di leggere l'ultima frase di questo libro al termine di questa dolcissima lettura, è troppo bella e dice tutto e mi va di ricopiarla qui:
"Quando si conoscono i gatti, quando si è passata una vita insieme ai gatti, quel che rimane è un fondo di sofferenza, un sentimento del tutto diverso da quello che si deve agli umani: un misto di dolore per la loro incapacità di difendersi, e di senso di colpa a nome di tutti noi."
Buona lettura! Credetemi, ne vale la pena, anzi, il piacere.
ps. dopo aver pubblicato questo post ho trovato questo bell'articolo di Repubblica.it ve lo trascrivo qui
Doris Lessing e i suoi gatti
"Tra noi chiacchiere e coccole"di ANAIS GINORI
L'ULTIMA si chiama Yum Yum, è bianca con una piccola macchia nera sul musetto. "Ha un carattere difficile" ammette Doris Lessing. "Non ho mai avuto una gatta così bizzosa. L'ho trovata che aveva già cinque anni. Per mesi è rimasta sempre nascosta sotto il divano. Probabilmente, era stata maltrattata dall'ex padrone". Quando l'anno scorso la Lessing è stata assaltata da tv e cronisti, Yum Yum è diventata improvvisamente anche lei una star. Ma non ha apprezzato: dal suo punto di vista, il Nobel è stato più che altro una seccatura. "Troppa agitazione - ricorda la scrittrice - non vedeva l'ora di ritrovare un po' di pace in giardino".
Di Doris Lessing si ricordano le pagine sul femminismo, i racconti dell'Africa coloniale e le sue idee comuniste radicali. Ma a Hampstead, nel quartiere della sinistra chic londinese, la signora con lo chignon di capelli bianchi è semplicemente la "gattara" ufficiale della zona. E la sua casa un rifugio sicuro per randagi e cuccioli che scavalcano il muretto di mattoni rossi in cerca di cibo. Tra rampicanti, ciclamini e stucchi bianchi, non manca mai una ciotola di acqua e un'altra di crocchette.
Capita anche che qualche abitante del quartiere che voglia sbarazzarsi di un vecchio gatto o di una cucciolata indesiderata venga qui. "Lo fanno con grande crudeltà, è qualcosa che continuo a non capire". Per Lessing quasi non c'è limite all'accoglienza. Oggi il premio Nobel, che ha annunciato qualche mese fa di non voler più scrivere, è dedita a questa comunità, anche se Yum Yum ha una condizione di privilegio: è l'unica a penetrare nella camera da letto.
"Con lei amo parlare" ha spiegato in un'intervista pubblicata dal Wall Street Journal in cui ha confessato la sua lunga relazione con il mondo dei gatti, fatta di attenzioni, coccole e cure costanti. Lessing ha scritto un piccolo saggio ("Gatti molto speciali" pubblicato da Feltrinelli) che non è un trattato di etologia, ma una sorta di biografia attorno ai suoi incontri felini. Per la scrittrice ogni gatto ha il suo temperamento. Ogni gatto è speciale. "Darei il mio cuore per una lacrima di gatto" dice, parafrasando Kipling. Lessing non pensa affatto che siano delle sfingi, animali freddi e distanti. "Quello con cui ho comunicato meglio - racconta Lessing - era 'El Magnifico', un gatto di grande intelligenza. Passavano molto tempo a guardarci, toccarci"
Una visione "minimalista" del rapporto tra uomini e gatti - una compagnia, un semplice antidoto alla solitudine - non è contemplata dalla Lessing. E a sentirla parlare viene da pensare che ormai li preferisca agli esseri umani. Ogni gatto che muore è un colpo al suo vecchio cuore, un lutto difficile da superare. In loro, riconosce anche una fonte di ispirazione. Accanto alla macchina da scrivere, tra fogli e pile di libri, la scrittrice ha sempre tenuto un gatto accoccolato a dormire oppure seduto a scrutare, vigile. Non è l'unica intellettuale ad essersi appassionata per i felini: Einstein amava follemente il suo Tiger, Hemingway aveva creato una stanza riservata ai suoi cuccioli nella casa di Cuba.
Nel suo lungo peregrinare di casa in casa, di paese in paese, Lessing non ha mai voluto rinunciare alla vicinanza di un gatto. "Mi piacciono molto anche i cani, ma non in città". Il primo gatto lo ha accarezzato quando aveva appena tre anni e viveva in Persia con i genitori. In Africa, ha imparato a giocare anche con gatti più selvatici, imprevedibili felini del deserto capaci di bellissime corse e acrobazie ma anche di mordere e graffiare con ferocia. Appena si trasferì a Londra, uno dei primi regali per il figlio Peter fu un amico a quattro zampe. Nei suoi ottantasei anni di vita, Doris Lessing ha convissuto con decine di gatti, quasi sempre meticci, senza pedigree, abbandonati.
"Non gli ho mai comprato collari o mantelline alla moda". Piuttosto, la scrittrice si batte contro le sterilizzazione forzate. "Significa condannare le femmine a vivere mutilate" osserva. Il premio Nobel ha anche passato tante ore dai veterinari, per medicare o salvare i suoi migliori amici. A uno dei suoi gatti ammalato di cancro venne amputata una zampa. "Ha vissuto altri due anni soffrendo in modo atroce. Non avrei mai dovuto permetterlo". E si capisce che anche Doris Lessing ne ha sofferto terribilmente. Ha pianto lei lacrime che i gatti non hanno.
(25 ottobre 2008)
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