domenica 4 luglio 2010

Santa Elisabetta del Portogallo....


SCOPERTA OGGI!...IO NON CI STO DIETRO A TUTTE STE SANTE FRANCESCANE DELLA PRIMA ORA! Eppure...se ne parla mai?! Voi direte: "Ecco che parte per la solita crociata femminista!" che in realtà è la "Crociata per non dimenticare"
Sto leggendo il libro dello storico francese, Vaucher, su Francesco che in generale non mi piace: freddo e un capitolo sì uno no, forse lo storico non ha le idee poi così chiare, parla male e poi bene delle donne attorno a Francesco..., se la cava con due righe non esatte nemmeno rispetto le storie ben conosciute su "Fra Jacopa dei Settesoli" e con Chiara non sa come metterla perchè, di fondo pare ammirarla per la sua forza, ma poi, visto che due capitoli prima tira fuori la solita storia che i frati amano tanto: "Chiara nomina Francesco 32 volte Lui mai...." dimenticando l'abilità tutta maschile di cancellare, di far sparire (vedi la Maddalena)...forse conta che chi legge sia diviso in comparti-capitoli come è lui....ma non è una cosa tutta maschile il pensare a compartimenti stagni?!
Così loro, le donne francescane, sono dimenticate o ricordate così, magari una volta all'anno, perchè non le si può cancellare del tutto...e tante le hanno cancellate o peggio! Parlo delle "sorelle minori"... NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE...dice la Bibbia...così questa santa donna, pure pellegrina, si ricorda poco, o sono io sola che la ignorava?! Forse....comunque eccola qua, forte e regina, terziaria e pellegrina, madre mai lasciata in pace e con una pazienza da Giobbe con il marito e i figli....bella figura che esplorerò, parola!
Ciao e buona domenica tutti




SANTA ELISABETTA DEL PORTOGALLO

Figlia di re, è normale che debba sposare un re. E questo lo decidono naturalmente gli altri, quando Elisabetta (Isabel in portoghese) ha soltanto dodici anni. Suo padre, il re Pietro III di Aragona, la dà in moglie a Dionigi re del Portogallo: Dom Dimìs, come lo chiamano i sudditi. Un re con molti meriti: sviluppa infatti l’economia portoghese, crea una flotta, fonda l’università di Lisbona (che sarà successivamente trasferita a Coimbra). Dionigi è un buon sovrano, ma anche un pessimo marito, sempre impelagato con altre donne e padre via via di altri figli, oltre ai due che gli dà Elisabetta.
E lei, malgrado le continue offese e i tradimenti del marito, gli rimane impeccabilmente fedele, tutta dedita ai figli Alfonso e Costanza, come ai sofferenti per malattie “brutte” in Lisbona. Ma non solo: Elisabetta si prende anche molta cura dei bambini messi al mondo dal marito con altre donne. Un’opera da cristiana autentica. Da grande regina. E l’infedele Dionigi deve pur avvertire la sua superiorità morale; tant’è che più tardi, quando il figlio Alfonso gli si ribella, è l’autorità di Elisabetta a evitare lo scontro armato tra padre e figlio.
Poi quel fatto le procura l’accusa di parteggiare per il figlio Alfonso contro Dionigi, e allora la confinano nella cittadina di Alenquer, a nord di Lisbona. Ma presto il marito la richiama. Ora la vuole vicina, ha bisogno di lei e del suo consiglio. Elisabetta torna, riprende serenamente il suo posto accanto al re. E quando una malattia mortale lo colpisce, è lei a curare in prima persona il marito, fino all’ultimo giorno.
Dopo la morte del re, avvenuta nel 1325, sale al trono suo figlio Alfonso IV, ed Elisabetta non resta a fare la regina madre a Lisbona. Si fa pellegrina e penitente, con l’abito di terziaria francescana, andando fino al santuario di San Giacomo di Compostella a piedi nudi. Poi viene accolta dalle Clarisse nel monastero di Coimbra, fondato da lei, e ne condivide la vita, senza però pronunciare i voti (lo farà poco prima di morire).
Il monastero diventa la sua casa per sempre; ma una volta deve uscirne, perché c’è nuovamente bisogno di lei: deve riconciliare suo figlio Alfonso IV col re Ferdinando di Castiglia che è suo genero (è il marito di Costanza). Elisabetta ha ormai 65 anni, il suo fisico è indebolito dalle dure penitenze, e in piena estate il viaggio è troppo faticoso per lei. Incontra il figlio e la nuora, fa sosta nella cittadina di Estremoz, ma non riesce ad andare più avanti: la stanchezza e le febbri troncano rapidamente la sua vita.
Il suo corpo viene riportato al monastero di Coimbra, e nel 1612 lo si troverà incorrotto, durante un’esumazione, collegata al processo canonico per proclamarla santa. Ma già nei primi tempi dopo la morte c’erano pellegrinaggi alla sua tomba e circolavano voci di miracoli. Finché, nel 1625, papa Urbano VIII celebrerà, infine, la sua solenne canonizzazione a Roma.

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